La poesia che cambia. Come si legge Dante
[A maggio esce per Castelvecchi “La poesia che cambia. Come si legge Dante”. Questa è la Premessa.]

Dante e noi
Ci sono molti modi di leggere Dante. C’è il modo degli studiosi, che analizzano, pubblicano, commentano e interpretano per rendere le opere disponibili e comprensibili per un pubblico il più ampio possibile. La fortuna di Dante, in questo senso, è innegabile: assieme a Omero, Platone e Shakespeare, è uno degli autori sui quali si pubblica di più nel mondo. Ed esiste quindi un Dante per le scuole e per le università; soprattutto in Italia, dove la lettura della Commedia è nei programmi scolastici dall’Unità.
C’è il modo degli scrittori e degli artisti, che è quello di creare opere ispirate a Dante riutilizzandone le immagini, i personaggi, le forme poetiche. Nei secoli scorsi sono nati così dipinti, statue, romanzi e opere teatrali e nascono ancora oggi videogiochi, graphic novels, film, musical e documentari.
C’è poi il modo del mercato, che tende irresistibilmente a comprendere in sé tutte le altre modalità: Dante, a partire dalla fine dell’Ottocento, è diventato anche un brand, un marchio per vendere prodotti di consumo.
E c’è infine il modo dei lettori comuni, degli appassionati, di coloro che in Dante, come in tutte le grandi opere della letteratura universale, cercano delle risposte, cercano qualcosa che li riguardi profondamente e che sia ancora vivo, attuale, presente e proiettato verso il futuro. Che è poi il modo di chi, come Francesco Petrarca quando leggeva le Confessioni di Agostino, ha «a tratti l’impressione di leggere non la storia d’altri», ma quella del suo «proprio peregrinare» (Secretum, I 42).
Dante, quindi, è in mezzo a noi. E lo è sempre stato: da quando, mentre era ancora in vita, le sue poesie già circolavano in varie parti d’Italia e da quando, poco dopo la morte, furono scritti i primi commenti alla Commedia. E lo è ancora oggi, all’epoca del grande successo delle letture pubbliche, dei podcast, del videogioco ispirato all’Inferno e di tutte le iniziative organizzate, in varie parti del mondo, tra il 750° anniversario della nascita nel 2015 e il 700° della morte nel 2021.
Questo libro parla dei modi in cui Dante è stato letto e interpretato nei secoli: da Petrarca e Boccaccio, che sono stati i suoi primi e più prestigiosi imitatori; da scienziati e divulgatori; dagli studi di genere; dalla critica dantesca più autorevole. E il libro ha due obiettivi: mostrare alcune delle ragioni per le quali la Commedia è ancora al centro del canone della letteratura universale e spiegare quali sono i limiti dell’attualizzazione.
Al Castello Sforzesco di Milano, in occasione dell’Expo 2015, si poteva interagire con un’immagine virtuale di Dante in grado di rispondere alle domande del pubblico. La responsabile dell’iniziativa dichiarava al “Corriere della Sera”: «Dante virtuale è molto più di un meccanismo che risponde a domande. È un giovane uomo che ha potenti valori etici. È personaggio che insegna, che discute, che ascolta e che è sempre e comunque dentro la Storia». Non ho avuto occasione di interrogare l’ologramma personalmente e non posso dire nulla su quanto aveva da insegnare, discutere e ascoltare. Ma sono molto scettico sulla possibilità di porre a Dante delle domande sul nostro presente. Infatti, se non c’è dubbio che ai suoi tempi fosse “sempre e comunque dentro la Storia”, è molto difficile che Dante possa rispondere, come un oracolo, a tutte le domande che gli rivolgiamo oggi. O che possa farlo in modo sostanzialmente diverso da tutti i grandi scrittori di ogni tempo. Credo anzi che molti degli errori di alcuni studi moderni e della maggior parte delle letture divulgative derivino dalla tendenza a immaginare Dante come un uomo che aveva problemi simili ai nostri e che possa quindi aiutarci a vivere e a comprendere il presente.
Nella storia ci sono alcune cose che cambiano e altre che restano invariate. Leggendo i grandi capolavori della letteratura universale avremo sempre l’impressione di ritrovare la storia del “nostro peregrinare”; ma abbiamo anche il dovere di rifiutare le interpretazioni attualizzanti e i metodi di lettura che si proclamano atemporali e pongono l’enfasi sulle costanti, dimenticando le variabili e le diversità. Perché è proprio ciò che muta quello che rischiamo di smarrire.