Sull’Inferno (a cura di Enrico Malato)

1. La Commedia è forse in assoluto l’opera letteraria nella quale è più esplicito quel meccanismo per cui tutti tendiamo a riconoscere la nostra esistenza individuale nelle storie che leggiamo, antiche e moderne, cercando qualcosa che ci riguardi profondamente e che sia ancora vivo, presente, attuale.



È un meccanismo descritto molto bene da Francesco Petrarca nel Secretum, quando racconta come leggendo sant’Agostino non pensava di ascoltare semplicemente la storia di un altro individuo: «ogni volta che leggo i libri delle tue Confessioni – scrive il poeta immaginando di rivolgersi ad Agostino – preso tra due contrastanti sentimenti di speranza e di timore, piangendo lacrime di dolcezza, ho a tratti l’impressione di leggere non la storia d’altro ma quella del mio proprio peregrinare». Ma perché proprio nella Commedia – e non in altri grandi capolavori medievali come i Trionfi di Francesco Petrarca o l’Amorosa visione di Giovanni Boccaccio – abbiamo ancora oggi l’impressione di leggere la storia del nostro proprio peregrinare? Soltanto perché centocinquant’anni fa, dopo l’Unità d’Italia, la Commedia è entrata stabilmente nel canone scolastico? In altre parole: perché il «poema sacro» fa ancora parte dei nostri classici, ovvero tutte quelle opere che – parafrasando uno dei più grandi pensatori del Novecento, Nicolás Gómez Dávila – possono essere lette due volte?

Una buona risposta è che la Commedia diventa e resta ancora oggi un classico perché è accompagnata fin da subito da commenti e apparati didattici, come avveniva solo con le grandi opere dell’antichità studiate nelle scuole e nelle università medievali. Nessun altro capolavoro della letteratura italiana ha infatti una tradizione di commenti così ampia, precoce e duratura, una tradizione che chiamiamo secolare commento. Certo, anche leggere il poema senza commento può essere un’esperienza diversa e straordinaria. Chiunque, se conosce un po’ di italiano antico, può forse emozionarsi leggendo il canto di Paolo e Francesca o l’ultimo del Paradiso, ma quelle emozioni saranno molto più intense se è stato educato a provarle e soprattutto se leggerà la Commedia col commento.


2. Negli ultimi anni, in particolar modo attorno al settimo centenario della morte del poeta nel 2021, sono apparsi numerosi importanti commenti alla Commedia. E non c’è nessuna ragione per dubitare della loro utilità complessiva. Con approcci diversi, rivolti a pubblici diversificati, i nuovi commenti alla Commedia proseguono una tradizione centenaria. Nessuno ha la pretesa di essere quello definitivo, poiché la funzione e la finalità di un commento si misurano in rapporto all’epoca. La Commedia, nel tempo, è stata letta da ogni classe sociale e a vari livelli di cultura; e ogni classe e ogni ambiente culturale ha avuto i suoi commentatori. 

Ultimo in ordine di tempo, con una gestazione molto lunga, è il commento a cura di Enrico Malato (Salerno Editrice, Roma, 2022), di cui è apparso finora il solo Inferno, nell’àmbito di un progetto più ampio e ambizioso al quale anche chi scrive ha preso parte come editore delle Rime: la «Nuova Edizione commentata delle Opere di Dante» (NECOD), rivolta nelle intenzioni originarie sia al pubblico internazionale degli studiosi sia ai semplici lettori colti. Un progetto ormai quasi concluso, proprio grazie all’infaticabile cura di Malato, che ha assunto in prima persona il peso del commento al poema.

In parte pubblicato già nel 2021 relativamente ai primi XVII canti, vede ora la luce l’Inferno completo in un unico tomo: 762 pagine di ampio formato, dove ogni canto è preceduto da un sintetico Percorso narrativo, dalle Note cronologiche e contestuali e da una Bibliografia essenziale ed è chiuso da una spesso ampia Nota di lettura del canto. In tal modo, il lettore può avere immediatamente sotto gli occhi lo svolgimento della trama, canto per canto. Ed è una scelta forte, giustificata dalla natura del testo: la Commedia è prima di tutto un racconto, un romanzo se si vuole, che va letto e apprezzato in primo luogo nei suoi snodi narrativi. Una componente fondamentale dell’opera, troppo spesso sottovalutata specie a livello scolastico, è infatti la sua profonda unitarietà strutturale, che non è data solo dalla tripartizione in cantiche e dalla divisione in cento canti, ma soprattutto dalla storia che Dante racconta e che è architettata esattamente come in un romanzo d’avventura (che è stato chiamato anche romanzo teologico) nel quale il protagonista e il lettore assieme a lui scopre un mondo nuovo che nessuno ha mai visitato. Per questo sono essenziali anche le Note cronologiche e contestuali, dove si richiamano ogni volta il luogo dell’azione, il tempo, i personaggi.

Il commento vero e proprio è estremamente articolato ed è diviso in quattro fasce ideali che possono all’occorrenza sovrapporsi: la prima contiene la parafrasi integrata se necessario «dalla esplicitazione dei riferimenti, le allusioni, le implicazioni eventualmente criptiche»; la seconda affronta i problemi esegetici, indaga i “sensi della scrittura”, entra nelle pieghe del dettato poetico mettendo a fuoco la complessità della costruzione, indagando i riferimenti storici, le problematiche teoriche, l’elaborazione linguistica, le peculiarità metriche; al terza affronta questioni linguistiche e stilistiche, «spesso spie di valenze più profonde, talvolta produttive di grande effetto», in particolare nel ricercare coincidenze verbali tra i canti e le cantiche capaci di stabilire nessi talvolta inediti. La quarta fascia è costituita dalle utilissime note di lettura poste a chiusura dei canti. La complessità del testo e l’ampiezza della tradizione di commento non consentono infatti di trattare in nota tutte le questioni fondamentali. Ed è bene che il lettore affronti i nodi più problematici e dibattuti solo dopo aver letto ogni singolo canto assieme al commento (benché ovviamente molte questioni siano trasversali all’opera o attraversino più canti).

Come altre edizioni commentate moderne, ma con maggiore ampiezza, questa edizione è anche un “commento dei commenti”, poiché mette a frutto sistematicamente, a servizio del lettore moderno, quel secolare commento la cui importanza ho già ricordato e che ha visto nuovi e rinnovati studi e edizioni, in parallelo allo sviluppo della NECOD, con l’Edizione Nazionale dei Commenti danteschi pubblicata ancora dalla Salerno Editrice. Di volta in volta, questa tradizione – come chiunque può ora verificare attraverso le banche dati digitali – è infatti sondata, descritta e sintetizzata con perizia.


3. L’edizione commentata della NECOD ha anche l’ambizione di proporre un “nuovo” testo del poema. Partendo dal testo “provvisorio” di Giorgio Petrocchi, l’editore ha infatti introdotto numerosissimi emendamenti adottando come criterio fondamentale l’idea di «una stretta interdipendenza tra la fase costitutiva del testo e quella della sua interpretazione». Per questa ragione il commento andrà idealmente utilizzato assieme alla Nota al testo e all’Apparato delle varianti che appariranno nel quarto tomo e che sono stati anticipati in volume nel 2018 (Per una nuova edizione commentata della ‘Divina Commedia’), nonché assieme ai Rimari (alfabetico e strutturale) usciti nel 2021 (a cura di Simone Albonico e Giacomo Stanga) e all’utilissimo Dizionario della ‘Divina Commedia’ che accompagna l’editio minordel commento (2018) Il nuovo testo fornito da Enrico Malato si affianca dunque alle due edizioni critiche pubblicate nel 2021: quella, già completa, a cura di Giorgio Inglese per l’Edizione nazionale delle Opere di Dante Alighieri (Le Lettere), e quella, di cui è per ora disponibile il solo Inferno, curata da Paolo Trovato ed Elisabetta Tonello e – per il commento – da Luisa Ferretti Cuomo (Libreriauniversitaria).

Non è questa la sede opportuna per discutere le diverse impostazioni e i differenti risultati di queste tre edizioni. Certo, a posteriori si può immaginare che una ideale collaborazione fra gli ultimi editori avrebbe potuto condurre a risultati ancor più notevoli. Se, ad esempio, questa edizione avesse deciso di adottare (e ovviamente emendare all’occorrenza) il testo critico stabilito da Inglese e non quello ormai superato di Petrocchi (così come l’editore delle Rime per la NECOD avrebbe potuto adottare il testo critico di Domenico De Robertis e non quello di Michele Barbi), il monumentale commento di Malato non ne avrebbe in alcun modo sofferto e le due edizioni potrebbero ora essere ritenute complementari e non concorrenti. 


 4. È difficile descrivere e giudicare il commento nella sua interezza. C’è però un aspetto che mi pare essenziale e che vale la pena mettere in evidenza. Pur dando ogni volta conto accuratamente del dibattito critico e senza mai rinunciare al confronto, il commentatore non rinuncia mai a prendere una posizione netta, anche quando la tradizione critica sia profondamente polarizzata. Faccio un solo esempio, quello di Ulisse, che, come tutti sanno, è stato interpretato sia in quanto simbolo dell’umana sete della conoscenza sia come simbolo dei limiti che a quella conoscenza sono imposti. Ebbene, qui, nella Nota di lettura a chiusura del canto, non si troveranno, a quanto ho visto, cedimenti: Ulisse «ha abusato della libertà concessa all’uomo, impiegata nel commettere ogni sorta di frodi, raggiri, inganni, ragione per la quale si trova confinato nell’ottava bolgia di Malebolge». E quando Ulisse «abusa del doppio privilegio concesso da Dio all’uomo, nella facoltà di acquisire conoscenza e nella libertà per conseguirla, tentando di superare i limiti imposti all’uomo, che sono invalicabili, scatta la punizione esemplare, che si consuma ancora in vita, scandita dai drammatici versi conclusivi del canto» («e la prora ire in giù, com’altrui piacque»!). Non si potrebbe dire meglio, ed è una delle molte ragioni per le quali questa edizione occuperà un posto di rilievo nella tradizione del commento secolare alla Commedia.