Fino a qualche tempo avrei detto che in Italia il prestigio della scienza fosse in crisi. Lo pensavo soprattutto leggendo le invettive contro i “professoroni”, riflettendo sul successo di programmi come Voyager o meravigliandomi per la diffidenza verso i vaccini o la diffusione del terrapiattismo. Ma più temibile del disprezzo per la scienza è lo scientismo.
Autore: Marco Grimaldi
C’è chi crede che esistano una mente scientifica (come quella di Newton e Galileo) e una mente letteraria (come quella di Dante). E c’è chi crede che oggi, a scuola e nella cultura condivisa, ci sia bisogno di più Galileo e di meno Dante. Ma tra Dante e Galileo non dovrebbe esserci conflitto. C’è solo se allo studio della storia e alle argomentazioni razionali si sostituiscono gli aneddoti e il paradosso e se il gusto della provocazione conta più della soluzione dei problemi.
Come si insegna la storia della letteratura italiana nei licei al tempo di Facebook? E come si insegna – e come si scrive – la storia delle origini e del primo secolo della nostra letteratura? Che cosa si insegna, dato che è necessario selezionare? E, soprattutto, come si stimola la curiosità degli studenti per testi scritti in un’epoca di cui spesso ignorano le principali coordinate storiche, in una lingua sempre più distante dalla loro e che richiede competenze specifiche per essere compresa; testi che parlano di cose interessanti, come l’amore, che sembrano semplici e in realtà sono molto difficili?
1. Una delle prime cose che ci insegnano a scuola sul nostro più grande scrittore, Dante – subito dopo averci comunicato che è stato il più grande – è che, in buona sostanza, sappiamo tutto della sua vita. E non intendo dire solo che della biografia di Dante si conosce relativamente molto (anche se la documentazione diretta non è abbondante); intendo dire che in Italia siamo portati a vedere in Dante il supremo esempio di quella capacità positiva, tipica della poesia premoderna, di pretendere di dire la “verità”: un uomo, quindi, che ha opinioni solide e convinzioni incrollabili, che ha molti dubbi ma sa come affrontarli e risolverli e che pur assumendo cento maschere (i molteplici personaggi della Commedia) prova un’empatia rigidamente regolata dalle sue convinzioni etiche (il personaggio di Dante ha pietà di Paolo e Francesca; l’autore della Commedia li condanna senza riserve) e in tutte le sue opere poetiche (Rime, Vita nuova, Commedia) è ovunque e sempre presente, come un dio che si incarna continuamente.