1. La filologia non è separabile dall’interpretazione. Lo studio della storia della tradizione, la classificazione dei testimoni e la costituzione del testo sono strettamente connessi all’esegesi e l’interpretazione entra in gioco anche quando si affrontano problemi che parrebbero intrinsecamente filologici o editoriali, come la punteggiatura o l’ordinamento dei testi. Ogni edizione è un atto di interpretazione.
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[A breve uscirà la seconda edizione rivista del mio “Dante, nostro contemporaneo” (Castelvecchi). Pubblico qui una versione leggermente modificata di uno dei capitoli.]
1. Nell’Ancien Régime la politica aveva un ruolo marginale nella vita degli uomini europei; dopo la Rivoluzione Francese la politica riguarda invece tutti, dalle città alle campagne. Per descrivere questo fenomeno, uno storico francese ha parlato di “scoperta della politica” 1. Per certi versi è questo il mondo in cui viviamo: benché Internet e la finanza stiano rapidamente cambiando le cose, siamo ancora nell’età della politica.
Notes:
- Cfr. Michel Vovelle, La scoperta della politica. Geopolitica della Rivoluzione Francese, prefazione di Anna Maria Rao, Edipuglia, Bari, 1995 (ed. or. 1993). ↩
L’Università di Bergamo, in collaborazione con la Società Dante Alighieri, ha avviato una Lectura Dantis Bergomensis, parte del progetto UniBg per Dante 2021 diretto dal Magnifico Rettore Remo Morzenti Pellegrini. Gli organizzatori (Marco Sirtori, Thomas Persico ed Enzo Noris, con la collaborazione di Rino Caputo e Riccardo Viel) mi hanno chiesto di tenere una lezione su L’architettura della ‘Commedia’.
Ho scelto di registrarla nel Casino Giustiniani-Massimo in Laterano, a Roma, tra gli affreschi dei Nazareni dedicati al poema dantesco. Qui trovate il link al filmato, diretto e montato da Paolo Giacomini. L’introduzione musicale è di Marco Sirtori. Del coordinamento e della location si è occupata Valeria Flamini, che ha avuto l’idea di tenere la lezione nel Casino.
C’è il Dante degli studiosi, che cercano di spiegare che Dante non è contemporaneo e che le sue idee sulla religione, sul sesso e sull’economia erano molto diverse dalle nostre. E c’è il Dante di tutti, quello degli artisti e degli scrittori, che dimostrano come l’opera dantesca – e in particolare, ovviamente, la Commedia – sia ancora in grado di influenzare e rivitalizzare la letteratura, il cinema, la musica.
Il 2 settembre 2020 è morto a Milano Philippe Daverio. Nel 2006 aveva curato a Napoli, a Castel dell’Ovo, una piccola e bella mostra di Giuseppe Antonello Leone (1917-2016), un artista e poeta allora (e in fondo anche oggi) molto poco conosciuto, contribuendo in maniera decisiva alla sua riscoperta. Io ero un giovane collaboratore di un quotidiano locale che guardava Passepartout ogni domenica e corsi a intervistarlo.
1. Il mondo di ieri
Dante viveva nel mondo di ieri, un mondo in cui quasi tutti, come scrive Amos Oz, avevano almeno tre certezze 1:
dove avrebbero trascorso la vita, che cosa avrebbero fatto per vivere e quello che sarebbe successo dopo la morte. Quasi tutti, centocinquant’anni fa più o meno, quasi tutti in tutto il mondo, sapevano che avrebbero trascorso la vita là dove erano nati – o nei pressi, magari nel villaggio vicino. Tutti sapevano che si sarebbero guadagnati da vivere più o meno come i loro genitori avevano fatto nella generazione precedente. E tutti sapevano che, se si fossero comportati bene, sarebbero approdati a un mondo migliore, dopo la morte. Il XX secolo ha eroso, spesso distrutto, queste e altre certezze.
Oggi tutto è cambiato. La maggior parte di noi non sa per certo dove vivrà, che lavoro farà e soprattutto non ha nessuna certezza sulla vita dopo la morte.
Notes:
- Amos Oz, Contro il fanatismo, MIlano, Feltrinelli, 2004, p. 44. ↩
In quante parti è divisa la Commedia? Tre, diranno tutti. Ma c’è anche un’altra risposta. Lo spiego qui, in un video della serie 5 minuti con Dante, ideata da Enzo Noris, Thomas Persico e Marco Sirtori per l’Università degli Studi di Bergamo.
[Ieri è morto Marc Fumaroli (10 giugno 1932 – 24 giugno 2020). Nel dicembre del 2005 tenne un ciclo di conferenze all’Istituto Italiano per gli Studi Storici di Napoli e concesse a Marco Viscardi e me questa intervista, che uscì su “Napolipiù” il 23 dicembre. ]
“Molto oramai ti ho detto, come se tu fossi presente”, scrive Francesco Petrarca indirizzando a Omero una delle lettere Familiari. Le epistole rivolte agli antichi, apud superos, “dal mondo dei vivi”, come quelle spedite agli amici presenti, insieme ai trattati latini nei quali si delinea la figura dell’intellettuale solitario, lieto nella solitudine dell’intelligenza, creano la prima germinale immagine della “res pubblica litteraria”, della Repubblica delle Lettere. Un luogo dove dialogano – attraverso le parole, gli scritti, le opere – i vivi, i morti, coloro che verranno.
[Tra un po’ uscirà la seconda edizione rivista del mio “Dante, nostro contemporaneo” (Castelvecchi). Pubblico qui una versione leggermente modificata di uno dei capitoli.]
1. Dante voleva un mondo di pace, un mondo come lo vuole la maggior parte di noi, ma a differenza di noi lo immaginava ordinato da un monarca dal potere assoluto. Il sogno politico del più grande poeta italiano non era non era forse troppo diverso da quello di chi oggi immagina di portare la pace con la forza in tutto il mondo; o da quello dell’Isis, che come il monarca dantesco ritiene di aver ricevuto il potere direttamente da Dio. Dante, per le sue prospettive imperiali, è totalmente distante agli occhi di chi, come la maggior parte dei moderni, vorrebbe un mondo libero, democratico ed egualitario.