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Un uomo con un messaggio. Sull’idea di poesia da Dante a Bob Dylan

[Tra un po’ uscirà la seconda edizione rivista del mio “Dante, nostro contemporaneo” (Castelvecchi). Pubblico qui una versione leggermente modificata di uno dei capitoli finali.]

1. L’idea di poesia è molto cambiata rispetto all’età di Dante. E in particolare è mutata la percezione del rapporto tra forma e contenuto. La nostra visione è generalmente molto simile a quella del premio Nobel per la Letteratura del 2016, Bob Dylan, che rifiuta sempre di rispondere a domande sul significato delle sue canzoni.

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Dante e io

1. Una delle prime cose che ci insegnano a scuola sul nostro più grande scrittore, Dante – subito dopo averci comunicato che è stato il più grande – è che, in buona sostanza, sappiamo tutto della sua vita. E non intendo dire solo che della biografia di Dante si conosce relativamente molto (anche se la documentazione diretta non è abbondante); intendo dire che in Italia siamo portati a vedere in Dante il supremo esempio di quella capacità positiva, tipica della poesia premoderna, di pretendere di dire la “verità”: un uomo, quindi, che ha opinioni solide e convinzioni incrollabili, che ha molti dubbi ma sa come affrontarli e risolverli e che pur assumendo cento maschere (i molteplici personaggi della Commedia) prova un’empatia rigidamente regolata dalle sue convinzioni etiche (il personaggio di Dante ha pietà di Paolo e Francesca; l’autore della Commedia li condanna senza riserve) e in tutte le sue opere poetiche (Rime, Vita nuovaCommedia) è ovunque e sempre presente, come un dio che si incarna continuamente.

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